Il “Primo Rapporto nazionale sulla rigenerazione urbana”, recentemente presentato da Scenari immobiliari, in collaborazione con Unipol, ha lanciato l’allarme: non è più possibile consumare nuovo suolo per edificare.

Molto semplicemente, in Italia, i prossimi progetti dovranno considerare la possibilità di riciclare quanto già utilizzato, per regalare nuova vita all’esistente.

Come? Riciclando, appunto, spazi dismessi.

Sul tema s’è espresso proprio il presidente di Scenari immobiliari, Mario Breglia. «Il futuro del mercato immobiliare è nel suo passato. La crescita con consumo di suolo è finita e bisognerà lavorare sempre di più con i tanti “vuoti” che il passato ha lasciato. Dalle fabbriche dismesse alle aree ferroviarie e poi i complessi ad uffici anni ’60 non più adatti alle nuove esigenze. Le città del futuro, come già successe nell’undicesimo secolo, devono recuperare intramoenia le funzioni necessarie.  Non solo le normative ma anche l’etica impongono di non consumare, se non in casi eccezionali, il terreno verde, ma di operare e trasformare per funzioni economiche o sociali le aree urbanizzate non più utilizzate o abbandonate. Un principio fondamentale che va coniugato con i costi di intervento, come ad esempio le bonifiche, e con le prospettive del mercato che hanno logiche discontinue. È il “campo di gioco” più importante per il nostro futuro, dove le aspettative pubbliche devono confrontarsi con le prospettive del mercato e dei finanziamenti”.».[1]

Rigenerazione urbana al 2050

Secondo il Rapporto, In Italia il suolo rigenerabile, al 2050, riguarderebbe 920 chilometri quadrati, pari a circa l’1,6 per cento della superficie urbanizzata nazionale. Saranno, inoltre, più di 350 milioni i metri quadrati di superficie lorda edificabile, con una densità corrispondente a circa un terzo della dimensione degli ambiti territoriali coinvolti, calcolati sulla base della normativa vigente, con funzioni residenziali, terziarie e commerciali, logistiche, ricettive, pubbliche e servizi. Interventi che andranno a generare un fatturato industriale di 2.300 miliardi di euro nei prossimi 27 anni (di cui 700 miliardi di ricadute dirette sul comparto immobiliare – dalle aziende fornitrici, dalla filiera e dai servizi -, 850 miliardi di ricadute indirette e 750 miliardi di indotto).

Si tratta di un percorso virtuoso che porterebbe un sensibile vantaggio anche per le casse dello Stato, quantificabili in maggior gettito aggiuntivo annuo compreso tra 20 e 25 miliardi di euro, originato dalla riattivazione di aree, strutture, edifici, spazi pubblici, non utilizzati o sottoutilizzati, con un impatto significativo anche sull’occupazione: si tratta di un’opzione che potrebbe coinvolgere 100 mila nuovi addetti nell’ambito della filiera immobiliare.

Rigenerare a Milano

Dei 920 chilometri quadrati, cinque riguardano Milano e la sua area metropolitana.

Il report di “Scenari Immobiliari” indica 18 grandi progetti, sette dei quali in corso e 11 in via di cantierizzazione. Già avviati, i due grandi scali ferroviari Farini e Romana, mentre Mind, Santa Giulia, Milano Sesto, Sei Milano e Symbiosis risultano ormai definiti.

Gli altri progetti, invece, sono a nastri di partenza e promettono di modificare sensibilmente spazi esteticamente “grigi” in luoghi pensati in modo armonico con l’ambiente, oltre che leva necessaria volta a modificare i valori immobiliari di aree strettamente legate alla periferia ex industriale.

Il futuro, dunque, parlerà la lingua della rigenerazione. Un confronto dialettico a cui le istituzioni non potranno sottrarsi.

Un invito in tal senso arriva da Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari: «L’industria immobiliare nazionale ha bisogno di identificare una scala e un livello a cui poter competere, Regioni e Comuni devono continuativamente consolidare il proprio ruolo restituendo valore sociale alla collettività”.

[1] Scenari Immobiliari, Rapporto “Il riciclo delle aree urbane dismesse aiuta il Pil e il mercato immobiliare”