Una panoramica sul settore immobiliare italiano

Secondo i dati del Sole24Ore, nel 2021 l’edilizia e le industrie collegate rappresentano il 6,7% dell’occupazione italiana e il 4,5% del PIL nazionale. 

Il settore sembra in crescita, ma ci sono alcune criticità da prendere in considerazione per farsi un’idea chiara del fenomeno. Tra il 2008 e il 2018 il settore delle costruzioni, pur essendo un mercato chiave, ha attraversato una grave crisi che ha colpito non solo l’Italia ma in tutto il continente europeo. L’occupazione nel settore immobiliare in Europa è diminuita di 3,4 milioni nel decennio 2008-2018. 

In Italia, nello stesso periodo, sono stati persi circa 400.000 posti di lavoro. 

Dal 2015 i Paesi Europei hanno visto una crescita dell’occupazione nell’edilizia; anche l’Italia ha registrato un leggero aumento dell’occupazione, ma può essere dovuto ai vari incentivi e bonus che sono stati dati in questo campo negli ultimi anni, più che una vera crescita economica come avvenuto nelle nazioni europee. 

Il ruolo degli incentivi fiscali 

A livello nazionale, gli investimenti di ristrutturazione basati su incentivi fiscali sono passati da 9,4 miliardi nel 2008 a 33,7 miliardi nel 2022, con un aumento di più del 300%. Fino ad ora infatti, con il bonus 110%, nel 2021-2022 sono stati accolti progetti per un totale di 33,7 miliardi di euro, 400 milioni in più di quanto previsto inizialmente. 

L’Osservatorio di statistica dei consulenti del lavoro ha rilevato che 1 miliardo di incentivi genererebbe 2,29 miliardi di bisogni aggiuntivi e 1,22 miliardi di attività correlate; ogni miliardo di spesa per l’edilizia creerebbe anche circa 15-18.000 posti di lavoro; 10-12.000 direttamente nel settore edile, il resto sono nei settori correlati. 

Pertanto, l’effetto moltiplicatore di questo incentivo sul mercato è molto importante dal punto di vista dei consumi e dell’occupazione, che però deve farci ragionare sulla sostenibilità a lungo periodo di una manovra di questo genere. 

C’è da dire che dal 2008 al 2018, gli investimenti nazionali nel settore immobiliare sono diminuiti ogni anno. La mancanza di investimenti pubblici nel settore è stata citata da molti analisti come una delle ragioni della mancanza di una piena ripresa dopo la crisi del 2008. 

Per cui questi ultimi 2 anni in cui gli investimenti invece sono stati fatti, possono anche far ben sperare per il prossimo decennio, bisogna solo capire come la politica ha intenzione di portare avanti questa tipologia di incentivi. 

Impatto della pandemia di Covid-19 

Lo scenario del mercato edile in Italia è stato fortemente influenzato dalla pandemia di Covid-19. Nel 2020, il settore edile globale ha subito una perdita media del -10,3% rispetto all’anno precedente. In Italia addirittura si è arrivati al -13,6%. 

Consapevoli del fatto che la riduzione degli investimenti pubblici tra il 2008 e il 2017 non ha giovato l’economia italiana, l’Ue e l’Italia hanno deciso di rispondere alla pandemia di Covid-19 in maniera più invasiva. Infatti con il PNRR ci saranno sicuramente nuove agevolazioni anche in campo edile che si dovranno sfruttare al meglio. 

Uno degli obiettivi più difficili della politica italiana nel breve termine sarà quello di semplificare la burocrazia che caratterizza così fortemente l’architettura italiana, che ormai è una vera spina nel fianco per ogni azienda in questo settore. 

La ripresa dell’immobiliare dovrebbe essere realizzata attraverso un focus sulla ricerca, l’innovazione, il miglioramento dell’efficienza della pubblica amministrazione, il rafforzamento della cooperazione tra il settore privato e quello pubblico e un deciso piano nazionale di investimenti, che sembra essere in dirittura d’arrivo. 

Patrimonio immobiliare italiano 

La maggior parte della ricchezza degli italiani è nelle case che possiedono, per un totale di quasi 5,4 miliardi di miliardi di euro (si esatto, 5,4 trilioni di euro). Tuttavia, questi beni si sono deteriorati nel tempo ed è urgente un intervento per riportarli in buone condizioni. 

Due terzi delle 35 milioni di case italiane sono state costruite più di 50 anni fa, rispetto a solo il 9% nell’XXI secolo. Nello scenario immobiliare attuale, almeno 73.000 edifici (più di 500.000 appartamenti) potrebbero essere definiti altamente degradati. 

La strategia della Commissione Europea è finalizzata alla riqualificazione del patrimonio immobiliare europeo, di cui ovviamente l’Italia ricopre un ruolo importante. Il PNRR, se implementato correttamente, dovrebbe migliorare la qualità della vita delle persone, ridurre le emissioni di gas serra da parte dei cittadini e migliorare il riutilizzo e il riciclaggio dei materiali. 

Svantaggi del settore edile italiano 

Le carenze del settore edile italiano sono profonde e le scarse prestazioni degli ultimi anni non dipendono interamente dalla crisi del 2008 o quella del 2020. In generale, oltre agli ostacoli creati dalla stagnazione della crescita demografica, dall’insufficiente sostegno di investimenti pubblici, dalle disparità geografiche e dalla burocrazia, il settore soffre delle seguenti carenze:

Le imprese edili italiane si caratterizzano per le loro dimensioni ridotte rispetto alle imprese edili dell’UE. Secondo i dati del 2017 (che non dovrebbero essere troppo diversi da quelli attuali), l’Italia contava in media 2,6 dipendenti per azienda, contro i 3,6 dell’Europa. Nel Regno Unito sono 4,4 e in Germania sono 6,3. 

In Italia, solo 80 grandi imprese sono impegnate nelle costruzioni, con 52.000 dipendenti. In termini di organizzazione, queste sono le uniche aziende in grado di competere nel mercato internazionale. Sono 309 nel Regno Unito (289.000 dipendenti), 262 in Germania (152.000 dipendenti), 229 in Francia (310.000 dipendenti) e 119 in Spagna (108.000 dipendenti).

La produttività delle imprese italiane è mediamente inferiore a quella delle imprese di altri paesi europei. Questo è un altro fattore che dovrebbe portare il mercato a concentrarsi su un minor numero di player più grandi e strutturati, con più partnership e collaborazioni.

Il livello medio di istruzione dei lavoratori edili è molto basso. Nel 2017, il 55,1% ha conseguito un diploma di scuola superiore e solo il 4,1% si è laureato. Il basso livello di istruzione si riflette nel livello delle qualifiche professionali: solo il 13,5% ha occupazioni di alta qualità. Ciò non contribuisce alla produttività, all’innovazione e quindi all’essere competitivi su scala internazionale. 

Il ricorso al lavoro irregolare – caratteristica strutturale di molti settori italiani – è particolarmente diffuso in edilizia. Ci sono circa 240.000 lavoratori illegali nel settore, e le stime sono al ribasso.

Cosa dobbiamo portarci a casa da questo articolo 

1. Fino ad ora, con il bonus 110%, nel 2021-2022 sono stati accolti progetti per un totale di 33,7 miliardi di euro, 400 milioni in più di quanto previsto inizialmente. Questo ha portato ad un aumento dell’occupazione e degli investimenti nel settore edile, ma bisogna stare attenti sulla sostenibilità a lungo termine di questa manovra. 

2. Per molti analisti, il calo degli investimenti pubblici nel settore è uno dei motivi per cui l’economia non si è completamente ripresa dopo la crisi del 2008. In risposta alla pandemia del 2020, l’Italia ha preparato maggiori investimenti pubblici e massicci incentivi fiscali, per cui potremmo essere sulla buona strada. 

3. La ripresa del settore dovrebbe essere realizzata attraverso un focus sulla ricerca, l’innovazione, il miglioramento dell’efficienza della pubblica amministrazione, il rafforzamento della cooperazione tra il settore privato e quello pubblico e un deciso piano nazionale di investimenti, che sembra essere in dirittura d’arrivo. 

4. La maggior parte della ricchezza degli italiani è nelle case che possiedono, per un totale di quasi 5,4 miliardi di miliardi di euro (si esatto, 5,4 trilioni di euro). Tuttavia, questi beni si sono deteriorati nel tempo ed è urgente un intervento per riportarli in buone condizioni.